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Gianluca Ceriana

Appunti su “PROUST ET LE MONDE SENSIBLE” di Jean-Pierre Richard
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"Il nostro benchè minimo desiderio, per quanto unico come un accordo, ammette in esso le note fondamentali sulle quali è costruita la nostra vita".

Con queste poche parole, Proust non ci indica forse uno dei modi possibili di leggerlo?

"Legando magistralmente la critica tematica a quella delle pratiche affini che sono la semiologia e la psicanalisi, Jean-Pierre Richard ricostruisce i campi essenziali ove si investe il desiderio proustiano: la materia (o l'euforia della consistenza), il senso (o l'oggetto ermeneutico ), la forma (o il lavoro della figura sul mondo sensibile e nella scrittura romanzesca)".

Questa introduzione (tanti concetti, fra l'altro non facili), di poche brevi righe, illustra e dà il significato al saggio di J.P. Richard, PROUST ET LE MONDE SENSIBLE, del quale ho appena terminato la lettura.

Un'analisi critica e affascinante, un modo --- come detto nell'introduzione --- veramente diverso e originale di leggere e di studiare l'opera proustiana (Recherche, Jean Santeuil, Contre Saint-Beuve in particolare, ma anche le opere di ispirazione ruskiniana e l'omaggio ad Augustin Thierry).

Nella sezione chiamata "la matière", ho apprezzato soprattutto i riferimenti e le numerose citazioni sui vari argomenti analizzati da Richard, il quale, curiosamente, comincia con l'alimento e tutto ciò (forma, consistenza, odore) ad esso legato.

Interessante il legame che l'autore riscontra in Proust fra alimento e luogo: una correlazione che assume un "valore di costante intimità...Consumato a Combray, al centro della tavola familiare, sotto la rassicurante luce della grande lampada ad olio, (il cibo, l'alimento)...consacra l'immagine di una felice "chiusura", di un raccoglimento "sacro" intorno al focolare”, e ancora è il “raggruppare attorno ad esso (cibo) il cerchio protettore della famiglia".

Ciò è vero, a mio parere, anche per noi "non-scrittori", perché se è un dato di fatto, dice Richard, che: " Proust ha sentito fortemente l'estrema importanza della funzione della nutrizione in tutta la durata della Recherche. Vi si mangia molto, e dappertutto...", noi stessi --- chi ama scrivere di sé e del proprio micromondo dopo avere vissuto, chi invece vive e non ama scrivere --- sentiamo pranzi e cene come momenti importanti, talvolta i più significativi, perché ci legano alle persone che amiamo.

Henri Matisse - Tavolo da pranzo

Henri Matisse
Tavolo da pranzo (part.), 1897
Londra, collezione privata

(cliccare per ingrandire)

Foyer familiare, come detto ma anche sublimazione, in Proust, di pranzi e cene passati con gli amici, dalle jeunes filles a Balbec (e là, con la nonna ed altri commensali al Grand Hotel), con Saint Loup sempre a Balbec e a Doncières, Parigi e così via.

Il cibo, l'alimento dunque, e Proust lo sapeva: l'ha prontamente esaltato alla fine, non quanto cibo in sé, combustibile umano necessario alla sopravvivenza, ma in quanto catalizzatore, collante dei rapporti umani, propellente necessario per "vivere".

Termino l'argomento alimento citando una battuta (sembrerà come tale), una frase dal Jean Santeuil sul "profondo" piacere della digestione:

"Vi è, nel tempo che segue un pasto abbondante, una specie di tempo di "fermata", pieno di dolcezza, d'intelligenza e d'energia, ove restare senza far nulla ci dà un senso di pienezza della vita, tanto che il minimo sforzo ci parebbe insopportabile" .

Non è dunque vero?...

Richard è straordinariamente meticoloso nella sua analisi del motivo alimentare in Proust, scandagliandone l'intera opera e frammentando poi l'alimento in: duro, molle, liquido, solido, spezzato, intero e così via, per pagine e pagine...
Bello il rapporto che scopre fra l'alimento liquido (la bevanda) e il gesto intimo del bacio e dell'abbraccio, perché " il gesto di bere e quello di abbracciare si scoprono a questo punto paralleli", come in questo bel brano da I Guermantes:

"Domandai ad Albertine se volesse bere.
-Mi sembra di vedere delle arance e dell'acqua, mi disse, saranno perfette.
Potei gustare così, con i suoi baci, quella freschezza che mi parve superiore a quella (delle arance) presso la principessa di Guermantes..."


All'interno del Temps retrouvé poi, l'autore va a scovare una curiosa correlazione addirittura fra la gelatina (carne e dolci in gelatina, ricette tipiche dell'epoca) e l'intera epoca proustiana, similitudine--afferma Richard - dichiarata da Proust stesso: "Proust vi riconosce [nel piatto di carne in gelatina] una raffigurazione della sua stessa opera: iniettata, "ipernutrita" da una massa di frammenti aggiunti successivamente, pezzi sempre ripresi oppure legati fra loro, riassorbiti, attraversati dallo spessore trasparente e discorsivo, la gelatina di una scrittura unitaria."

Scrive Proust:

"D'altronde, siccome le individualità (umane o no) sono, all'interno di un libro, fatte d'impressioni numerose le quali, ricavate da molte ragazze, da molte chiese, da molte sonate, servono a fare una sola sonata, una sola chiesa, una sola ragazza, non potrei fare il mio libro dunque come Françoise faceva quel piatto di carne ben apprezzato da M.de Norpois, e dunque da tante parti di carne, scelte e aggiunte, arricchendone la gelatina?".

La frase di Proust, scrive Richard, si lega bene alle stesse qualità dell'alimento ivi descritto: dolcezza scivolosa, spessore legato, capacità di riunire il paradossale, o l'inconseguente o l'indefinitivamente diviso [...].

La materia nell'opera di Proust è anche cielo, aria, vento e su quest'ultimo elemento, spessissimo descritto da Marcel, è citato un bel brano dalla Prisonnière:

"...la stessa freschezza e lo stesso sentimento dello splendore dell'esterno erano dati dal velo della tenda che si agitava davanti alla finestra perpetuamente aperta e attraverso la quale, in un'incessante corrente d'aria, l'ombra tiepida del sole verdastro scivolava come su di una superficie flottante ed evocava il mobile vicino, l'illuminazione, la scintillante instabilità del mare" .

Vento, sole quindi luce, calore. In esso Proust riconosce una delle reazioni più perfette dell'oggetto fatto obiettivo dell' "attacco" della luce. Davanti al calore, alla sua pienezza alla sua diversità così armoniosa, al suo splendore, il suo sentimento è di esaltazione pura, come esterna in questo passaggio del Contre Saint- Beuve:

"Il calore perfetto di ogni cosa vi emoziona come un'armonia, si ha voglia di scoppiare in lacrime nel vedere che le rose sono rosa o, se è inverno, di vedere sui tronchi degli alberi dei bei colori verdi quasi luminosi; e se un po' di luce và a toccare quei colori, come per esempio al tramonto quando i lillà bianchi fanno "cantare" il loro biancore, ci si sente inondati di bellezza."

Richard rileva in questa dichiarazione d'amore che il termine "cantare", la "pienezza" data al calore lo fa consistenza, dunque materia a tutti gli effetti.

Calore, colore, materia che dà allegria, profonda ammirazione come accade al Narratore davanti ai raggi del sole a Doncières:

"[essi]...davano al rosso delle foglie degli alberi, al rosso e al blu dei manifesti elettorali affissi ai muri, un’esaltazione che mi faceva sollevare da terra e mi faceva battere, cantando, il marciapiede al quale mi aggrappavo per non saltare dalla gioia."

Proust ama i colori luminosi e/o i colori che giocano, che riflettono la luce: il dorato, il rosso, il giallo, l'arancio, ma anche i colori delle zone d'ombra, della semi-opacità materiale, come il verde, per esempio, legato di conseguenza alla vegetazione, alla frescura; verde che diviene luce, luminosità quando sembra incorporare in sé e come immagazzinare una ricchezza luminosa.
È il sentimento del Narratore in un episodio dei Testi ritrovati:

"[davanti a]...queste magnifiche foglie verdi, completamente verdi fino ai bordi, le quali sembrano esplodere interiormente di luce, di vita, di un'estate rifugiatasi in esse, sensibile a quel verde ricco e solido che può ridere della pioggia, e che promette, una volta bucate le nuvole, di tornare e di ricominciare la passeggiata, il sole nel cielo ed i suoi raggi sui sentieri."

Secondo Richard, gli oggetti della materia proustiana sono tutti legati, collegati attraverso una sorta di vita interna, di afflusso, di una forza vitale che modifica, amplifica, solleva l'oggetto.
Così, scrive, l'oggetto divenuto: gonflé, bombé, arrondi,come ad esempio le nuvole arrotondate, le belle colline bombate che si alzano come seni; ed è: "la rotondità del seno ad essere con ogni probabilità il modello di tutta la serie di "rotondità" nell'opera di Proust, seno legato all'immaginazione del frutto e talvolta a quella del gonfiamento ventosoe il successivo passaggio de La Prigioniera lo dimostra:

"...sbirciavo la sua [di Albertine] camicetta. I suoi due piccoli seni alti erano così rotondi che mi sembrava fossero maturati lì come frutti, piuttosto che essere parte integrante del suo corpo..."

Analizzata la materia dell'opera proustiana, Richard passa ad occuparsi del senso, ossia dei sentimenti, delle emozioni, delle impressioni contenuti nelle pagine di Proust e a noi donate, trasmesse attraverso gli oggetti che il saggista francese chiama ermeneutici, pertanto da interpretare.
Interessante il passaggio del libro ove Richard spiega brevemente il suo concetto:

"Questi oggetti da interpretare --- chiamiamoli se lo si vuole, ermeneutici --- appaiono in tutta l'estensione della Recherche. Sono loro che producono le sensazioni più famose: così il sapore de la petite madeleine, il profumo dei biancospini, la vista dei campanili di Martinville o degli alberi di Hudimesnil, l'odore del piccolo padiglione degli Champs-Elysées, la dolcezza melodica della petite phrase di Vinteuil, il riflesso dello stagno di Montjouvain, il singhiozzante rumore di un calorifero ad acqua, l'irregolarità del pavé del cortile dell'hotel de Guermantes o nello stesso luogo, verso la fine del Tempo Ritrovato, quasi al momento del ricevimento finale, il suono di un cucchiaio battuto su di un piatto, la rigidezza inamidata di una salvietta sulle labbra, il rumore di una condotta d'acqua, la copertina e il titolo di un libro: Francois le Champi."

Insomma, la Recherche è appunto tutta sensazioni, impressioni contigue e continue, ed a fianco delle impressioni celebri e famosissime --- appena citate --- Richard ricorda:

"una quantità enorme di altre, più umili ed anonime, ma dello stesso valore evocativo: un tetto, un riflesso di sole su di una pietra, l'odore di un camino, un suono di campana, un odor di foglie, un soffio piovoso, un rumore di passi sul selciato, l'odore di chiuso di una stanza o della prima fiamma di un camino, una nuvola, un triangolo, un campanello, un fiore, un sassolino o ancora quella piccola pezza di tela verde che copriva il vetro rotto della finestra nel Contre Saint-Beuve."

Impressioni attraverso gli oggetti dunque: da, per ed attraverso essi trasmesse, rese chiare, limpide, vere a noi grazie alla limpida, lucidissima, originalissima immaginazione proustiana del senso.

Oggetti preziosi ambasciatori di emozioni, ma talvolta --- anche se irresponsabilmente, senza colpa --- carcerieri delle sensazioni stesse; motivo, questo, dice ancora Richard, che percorre tutta la Recherche e che le righe inaugurali del Contre Saint-Beuve spiegano con estrema chiarezza:

"Ciò che l'intelligenza ci rivela sotto il nome di passato, non è in realtà tale. In realtà, come accade per le anime dei trapassati in certe leggende popolari, ogni ora della nostra vita, anche morta, s'incarna e si cela in qualche oggetto materiale. Essa vi resta prigioniera, sempre prigioniera, a meno che noi non incontriamo l'oggetto. Attraverso esso noi la riconosciamo, la chiamiamo a noi, ed essa è liberata.

L'oggetto ove essa è nascosta, o la sensazione, poiché ogni oggetto che si rapporti a noi è sensazione, possiamo anche però non incontrarlo mai."


"Può anche accadere" --- continua l'analisi di Richard --- "che anche rintracciato l'oggetto, non abbiamo l'assicurazione di portare a buon fine la liberazione della sensazione. Occorre pertanto pensare il senso come prigioniero, ossia vedere l'imprigionamento del senso nel sensibile: e per questo mobilitare la forma generica del contenuto ( e concretamente le figure materiali, concrete: ciotole, bottiglie, scatole, tubi, astucci, bolle, palloni, biglie, ecc.), forme dal ruolo decisivo nella strategia proustiana del significato e dell'essenza."

Nostro obiettivo è, anche casualmente rintracciato l'oggetto carceriere e contenitore --- dice Proust --- di romperne l'involucro, di forzarne la scorza, la crosta e di lasciarne fuggire il contenuto, ossia la sensazione.

"È così --- prosegue il saggio --- che nel Saint-Beuve appare il senso della madeleinette o piuttosto del suo sostituto originale, il pane tostato: non ancora recuperato dal fondo della memoria, ma già capace di far cedere, grazie ad un movimento tellurico vittorioso" ( "irruzione, come di un corteo, di una carica incessante di ore di felicità" , le parole esatte di Proust) "le pareti dell'oggetto. A proposito di una liberazione così brutale, così esplosiva, Proust evoca in un altro passaggio la: "brusca deflagrazione del ricordo".

"D'una maniera analoga, soltanto meno violenta, la vista improvvisa dei campanili di Martinville, si lacera per espellere all'esterno la verità fin lì dissimulata: è, lo si conosce, l'insieme delle frasi che occorre scrivere [...]" ".

Sono, queste liberazioni le più importanti della Recherche, perché ne danno il là: l'origine ( la rivelazione della petite madeleine), senza la quale il tempo perduto non si sarebbe ritrovato, ed il senso (lo scriverne, la coscienza dello scriverne) perché non scrivendone, nulla resterebbe del ricordo, della vita, di noi stessi.

Senso, abbiamo detto, nel significato di sentimento, emozione, ma anche di trasformazione, mutamento: oggetto che nasconde, racchiude il senso, ovvero l'emozione ma anche, viceversa, emozione, sensazione che diventano oggetto, si mutano in oggetto e --- già visto in precedenza, ad esempio frutta = bacio, frutto rotondo = seno, o gli oggetti ermeneutici = sensazioni --- a loro volta poi alle prese con un dedalo di sviluppi e circostanze.

Richard analizza anche questi sviluppi, questi legami fra l'oggetto ermeneutico e le sensazioni, meglio delle sensazioni, dei significati all'interno di tale oggetto.
Scrive:
"fra significante e significato memorativo e ricordato non esiste continuità specifica. Sembra, provenendo ciascuna dal fondo delle rispettive differenze, si siano incontrati, avvicinati per caso.
E secondo la teoria proustiana della memoria, è proprio così che accade: è la semplice contiguità spazio-temporale del vissuto che provoca gli avvicinamenti grazie ai quali una sensazione, riprovata in un secondo momento, scatena nuovamente l'apparizione di tutti gli elementi uniti in origine ad essa."


Ma poiché l'obiettivo è, per Richard, quello di spiegarci, nel gioco trasformativo oggetto-sensazione e viceversa, come nasce e come Proust giustifica nell'oggetto ermeneutico, interpretativo ( che spiega, rimanda ad una sensazione specifica), il legame fra i suoi due istanti, ossia il significante che porta al significato; legame che Proust deve immaginare, che deve farci avere grazie all'immaginazione.

Lavoro difficile, sentenzia Richard, perché se questo collegamento, questa congiunzione è vista
e sentita come necessaria, deve essere però considerata quasi sempre come casuale.

Così scrive Richard nel prologo del capitolo La motivazione immaginaria:

" Nel caso della petite phrase il problema (della casualità del legame) non si pone perché pianoforte e violino si legano funzionalmente, materialmente l'uno all'altro; ma come immaginare per esempio il legame qualitativo fra la petite madeleine e la serie delle impressioni di Combray?

O quello fra il pavé del cortile Guermantes ( e della Basilica di San Marco) allo svolgimento delle sensazioni veneziane?..."


Ma come giustificare, spiegare l’incontro casuale?:

" Per motivarne l'unione --- prosegue Richard --- per attenuarne la casualità o, più semplicemente, per comprenderne l'effettivo miracolo, lo si potrebbe immaginare innanzitutto come derivante da un'azione di unione: prodotto dalla riunione forzata, e dunque forzatamente unificante, dei suoi differenti elementi giustapposti,. A ciò serve nuovamente lo schema del contenitore [...], la teoria del vaso, chiaramente esposta in un celebre passaggio del Tempo Ritrovato:"

Un'ora non è che un'ora, un vaso pieno di profumi, di suoni, di progetti e di climi. Quella che noi chiamiamo la realtà è un certo rapporto tra quelle sensazioni e quei ricordi che simultaneamente ci circondano [...], rapporto esclusivo che lo scrittore deve ritrovare per incatenare per sempre nella sua frase i due elementi differenti.

Altro significato, o sotto-significato, del senso, sempre concernente al ricordo e alla sensazione dalla cui unione nasce la nostra realtà, è quella che Richard chiama fantasticheria del magnetismo e del suo opposto, l'irradiazione:

C'era in me, irradiando una piccola zona tutt’intorno a me, una sensazione (gusto della madeleine morsicata, rumore metallico, sensazione di passi)...

L'irradiazione propria, la calamita attira, ma la sua propria natura rimane, qui e là, molto simile, prosegue Richard, nella sensazione attuale e nel ricordo.
Richard identifica nella sua pignolosissima ricerca, molti altri significati del sens proustien:
agglutinazione, condensazione, cristallizzazione, impregnazione (umidità, nebbia), rannicchiamento (e qui con questo termine, blottir in francese, Proust spiega ancora nel Contre Saint-Beuve la sua teoria del passato risuscitato

...le ore del passato vanno a rannicchiarsi nei soli oggetti che l'intelligenza non ha cercato di incarnare >> o che << la sensazione del biscotto imbevuto nel thé fu uno dei rifugi ove le ore morte --- morte per l'intelligenza --- andarono a rannicchiarsi, e dove non le avrei indubbiamente mai ritrovate se quella sera d'inverno, rientrato congelato per la neve, la mia cuoca non mi avesse proposto il beveraggio al quale la resurrezione era legata, in virtù di un patto magico che non conoscevo).

Infine Richard:

"le pagine precedenti hanno evocato, a proposito dell'oggetto proustiano, le due dimensioni che lo costituiscono: il richiamo sostanziale (la materia), la capacità significante (senso). Ma le cose non si collocano solamente sotto l'elemento principe della consistenza, né nella esclusiva requisizione del senso: esse sono anche delle forme, diversamente definite e disposte le une accanto alle altre (o sotto le altre) in un loro spazio specifico..."

La forma che è per Richard, in Proust, anche paesaggio, metafora, scrittura.

Gli elementi della forma, quanto sopra quindi, prosegue Richard, "occorre poi piazzarli in un'altra dimensione della presenza, quella ove Proust ha voluto edificare tutta la sua opera: la dimensione del tempo. Perché l'oggetto non si manifesta mai qui fuori da una temporalità, per quanto complessa, e che si estende secondo più prospettive: lo sfondamento retrospettivo del ricordo, la durata della storia raccontata, il tempo stesso del racconto, con i suoi vuoti, i suoi oblii, la sua memoria specifica[...] ".
È qui il concetto del ricoprire il ricordo, la memoria, del sedimentato, dello stratificato, elementi che tendono a ricoprire il ricordo fino al progressivo suo venire di nuovo alla luce (tempo ricoperto ma anche accavallato --- vedi le seguenti citazioni da Les jeunes filles:

...i differenti periodi della nostra vita si accavallano gli uni agli altri e ciò vale anche per la natura: l'inverno, la primavera, l’estate non sono separati da pareti così ermetiche come si tende a credere ).

Ritorna, va a citarlo Richard parlando poi del tempo, il concetto caro a Proust del recupero delle sensazioni passate che si credono oramai perdute:

Noi non approfittiamo per intero della nostra vita, lasciamo incomplete nei crepuscoli d'estate o nelle notti precoci d'inverno, le ore che ci sembrava di dover fermare per poterne godere un po' di pace o di piacere. Ma quelle ore non sono assolutamente perdute. Quando cantano a loro volta dei nuovi momenti di piacere, che passeranno essi stessi, altrettanto deboli e lineari, esse vengono a portar loro la base, la consistenza di una ricca orchestrazione. Esse dunque si propagano come uno di quei modelli di felicità, che non si ritrovano che qualche volta, ma che continuano ad esistere....

Molto ho detto, ma immensamente di più è contenuto e analizzato nel bel saggio di Jean-Pierre Richard, il quale, in modo originale, con scrupolo e attenzione, in maniera sicuramente differente da molti autori che hanno affrontato l'analisi dei lavori di Proust --- e, aggiungerei, soprattutto con estremo e profondissimo rispetto dell'uomo Proust e della sua opera, il che non è comune a tutti i critici proustiani --- ha voluto essenzialmente dare una lettura del:

"mondo sensibile evocato, inventato da Proust nella sua opera".

(Aprile 2006)



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