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Claudia Di Giorgio

PERSONALE PROUSTIANA
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Non solo Proust appartiene anche ai "lettori comuni", ma è loro patrimonio esclusivo, concesso a volte, per buona grazia o distratta noncuranza, ai bisturi un po' arcigni di critici ed esegeti. Leggere Proust non è, non può e non deve essere, un'esperienza esclusivamente intellettuale.

Che Proust non vada spiegato, o dionescampi "introdotto", l'ho scoperto, come credo molti altri, a quindici anni, durante un giugno incantato, in cui, per misteriose ragioni, ero a Roma senza nulla da fare.

A scuola finita e con la villeggiatura ancora da iniziare, cercavo nella libreria di mia madre "qualcosa da leggere", e tirai giù da uno scaffale "La strada di Swann", il primo dei sette volumi della Recherche edizione Einaudi con copertina telata. Ritirai giu, in effetti, perche ne avevo tentato la lettura mi sembra un anno prima, quando la mia incosciente baldanza di lettrice onnivora e ossessiva era rimasta sconfitta dopo un paio di pagine.

Cos'era cambiato nel frattempo? Nulla o quasi, ad eccezione di una particolare sfumatura del tono con cui la mia insegnante di francese al ginnasio aveva parlato in classe di Proust. A lei, di cui non ricordo né il nome né il viso, quello lì era piaciuto sul serio, e si capiva. In più, mia madre non era mai riuscita a leggerlo, e forse fu anche l'elemento di sfida ad attrarmi. Fatto sta che presi il libro, andai in camera mia e mi sdraiai sul letto a leggerlo.

Mi piacerebbe dire che non mi mossi piu per un mese, ma ovviamente avrò mangiato e magari anche parlato con qualcuno, forse sarò persino uscita, ma sinceramente non me lo ricordo. Certo è che divorai tutti e sette i volumi, e "Jean Santeuil" in più per buona misura, in cinque settimane al massimo, dedicando alla Recherche ogni minuto della giornata e parecchi della notte. Vivendo, in pratica, dentro il libro, camminando per quelle strade, frequentando quei salotti, ascoltando quelle persone, sognando, desiderando, pensando e sentendo all'unisono col Narratore.

Fu un'esperienza incredibile, possibile, penso, solo a quell'età, quando l'assenza di altri impegni ed altri pensieri mi permise un'immersione totale e totalmente inebriante in un altro mondo. Un viaggio, un sogno, un'avventura, un nonsocosa che mai nessun libro e nessuno scrittore sono poi riusciti a darmi. Il termine "passione" mi suona, onestamente, insufficiente.

Non è che Proust sia il mio scrittore preferito, lo metto alla pari con alcuni altri, e non al di sopra (anche se, di fronte alla proverbiale scelta del libro da portare su un'isola deserta, non avrei esitazioni). Ma l'esperienza che mi ha offerto è unica e irripetibile, e l'aspetto più meraviglioso è che si è approfondita ad ogni rilettura.

Naturalmente, non mi è mai più riuscito di leggerlo con lo stesso annichilimento dei quindici anni, e direi per fortuna. Tuttavia, da allora, il mondo e i personaggi della Recherche sono entrati a far parte della mia vita, che accompagnano, con brevi lancinanti evocazioni (capita a qualcun altro che Proust "torni su" alla mente proprio col meccanismo della madeleine?) o più meditati e riflessivi riferimenti, da trent'anni esatti.
Anni che, sia detto senza retorica, Proust ha reso molto, molto piu ricchi.

(Novembre 1999)



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1998



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