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Dario Maccari

PITTORICITÀ PROUSTIANA
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Dario Maccari studia storia e critica delle arti a Milano ed è molto interessato al design, all'architettura ed all'arte contemporanea.



A Elena


Pittoricità proustiana

Nel ricercare, attraverso la presenza di giustificabili affinità tra distinti linguaggi artistici, possibili inclusioni pittoriche all'interno di un testo letterario, passando quindi da una forma artistica ad un'altra, è necessario stabilire il presupposto che, in ogni caso, il risultato finale di questa ricerca non può essere qualificato come “proprietà” dell' opera letteraria in sé, ma dovrà bensì essere individuato nell'ambito di una “potenzialità pittorica”della stessa.
E’ questa potenzialità a definire la pittoricità di un' opera o, eventualmente, della poetica di uno scrittore.

Questo tipo di operazione , per non incorrere in una sorta di "disastro estetico", deve evitare di valutare la pittoricità di un'opera letteraria in quanto interpretazione risolutiva del testo letterario considerato: questo non deve accadere, perché la funzione della definizione di pittoricità è quella di descrivere al meglio le componenti potenzialmente pittoriche di un testo letterario, senza dover pretendere di spiegarlo.

Miscelare troppo i differenti linguaggi artistici porta ovviamente a fraintendimenti e ad eccessive situazioni di ambiguità o di "cattivo gusto". E per questo le operazioni che richiedono continui passaggi da letteratura a pittura sono, certamente, realizzabili, ma non per tutti lecite.

Non sono in grado di poter dire se questi "esperimenti" siano del tutto ammissibili, tuttavia riconosco che diventano dannosi se finalizzati a far coincidere opere letterarie e opere pittoriche.

Forse l' unico caso di coincidenza tollerabile tra dipinto e componimento letterario può essere rappresentato dall'accostamento del quadro "Sole nascente" di Pellizza da Volpedo e la poesia "Mattina" di Ungaretti.

Pellizza da Volpedo - Sole nascente
Pellizza da Volpedo
Sole nascente
Olio su tela, 1904
Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna
Giuseppe Ungaretti
Mattina

(26 gennaio 1917)

M'illumino d'immenso.


E se è possibile vedere negli ossi di seppia di Montale e nelle colonne spezzate delle spiagge di De Chirico credibili affinità, queste non dovranno essere utilizzate come scusa per paragonare poeta e pittore.

Per affrontare un argomento estremamente delicato come la pittoricità di Proust (per essere precisi, Proust autore della Recherche,dovendo quindi escludere le altre sue opere) ho voluto definire semplicemente dei limiti, dei confini entro i quali individuare quali potrebbero essere le potenzialità pittoriche dell'opera proustiana .

La "pittoricità proustiana" dovrebbe essere pensata come una presenza impalpabile, non del tutto definibile, una sostanza potenzialmente pittorica presente nella Recherche, simile ad un pulviscolo che, condensando, è assimilabile all'arte puramente foveale di un impressionista come Monet, e, solidificandosi , è assimilabile alle cristallizzazioni analitiche di un pittore-mosaicista, un puntinista, come Seurat o come Signac.

Monet

Perché Monet?

Perché la scrittura di Proust comincia ad essere "pittorica" partendo proprio dal punto in cui la pittura di Monet si è fermata. Nell'impressionismo "rigoroso" di Monet viene restituito, sulla tela, il precipitato perlopiù foveale della percezione ottica: nei suoi dipinti egli fissa nell' eternità l' hic et nunc di una sensazione ottica istantanea, momento visivo che basta a se stesso, senza interventi di mediazione intellettuale. Per questo Monet rappresenta l'emblema dell'artista che, come direbbe Proust stesso, arriva a "spogliarsi, di fronte alla realtà, di tutte le nozioni della sua intelligenza".

Tra tutti gli impressionisti, Monet si concentra nel restituire sulla tela una realtà invisibile ai fotografi, quella realtà incastonata tra il tessuto di coni e bastoncelli che ricopre il fondo dei nostri occhi e le ultime gocce d'atmosfera che premono sul mondo oggettuale. La pittura diviene così stratificarsi di dati: una datità esclusivamente ottica, che non necessita l'intervento di facoltà intellettuali. Monet è in grado di esaurire quel momento ottico, preludio esclusivamente sensoriale al ricordo involontario, che costituisce il terriccio su cui germoglia la pittoricità proustiana.

In che modo conciliare e sintetizzare nella pittoricità di Proust quel momento visivo che ne descrive l'otticità puramente percettiva, esauribile nella pittura di Monet?

Se utilizziamo un microscopio, in grado di isolare e separare piccoli episodi della Recherche, considerandoli separatamente, uno per uno, allora la pittoricità di Proust aderirà alla pittura di Monet.

Se invece si guarda la Recherche da una certa distanza, con la giusta lente, si possono percepire i rapporti geometrici, le simmetrie, che si creano tra i diversi episodi e che legano i personaggi, tutto crea un disegno più complesso.

La pittoricità proustiana si presenta microscopicamente impressionista e, dilatandosi, si trasforma, tendendo alla totalità in una conclusiva, ultima visione , macroscopicamente puntinista.

Seurat, Signac

Il puntinismo, pittura fondata scientificamente sulla conoscenza dei principi di Chevreul, richiede la presenza della geometria come struttura sulla quale cristallizzare i punti di colore, per mettere ordine nel caos sensoriale dell'impressionismo.

L'ordinarsi geometrico della forma è indispensabile ai fini "analitici" di pittori come Seurat o Signac, e in un certo senso la pittura, con il puntinismo, comincia finalmente a riflettere pienamente su se stessa: per questo il puntinismo prepara e fornisce una materia pronta per lo sviluppo pittorico avanguardistico.

La polverizzazione puntinista della materia pittorica, ormai frantumata in una stesura di punti di colore prelude alla pittura scistosa di Boccioni, dove le pennellate si fanno scaglie cromatiche, magma fluido e incandescente.

In alcuni episodi anche Proust utilizza soluzioni già cronofotografiche, presenti in molta pittura futurista.

Già ampiamente evidenziato è , ad esempio , l'episodio "visivo" dei pugni globulari di Saint-Loup.

In definitiva, il puntinismo conserva ancora la sensualità cromatica dell' impressionismo e, allo stesso tempo, prelude alla analiticità formale delle avanguardie, specialmente cubiste e futuriste.

Se l'impressionismo non è in grado di esaurire la necessità d’analisi che è indispensabile in Proust, questa mancanza viene risolta dalla pittura puntinista .

In un dipinto come "Domenica alla Grande Jatte" di Seurat ogni personaggio appare rinchiuso, isolato nella propria individualità, in una sorta di sospensione del comunicare: la gioia di vivere dell' impressionismo si è incrinata.

Georges Seurat - Domenica alla grande Jatte
Georges Seurat
Domenica alla grande Jatte
1886
Art Institute of Chicago


Pensiamo ora, passando alle pagine proustiane, alla irrisolvibile incomunicabilità, velata e dominante, dietro agli effimeri incontri mondani della Recherche. Albertine, ad esempio, è "inconoscibile", il Narratore non riesce a penetrare nella sua vita autentica .

Concludendo, per poter definire dei limiti entro i quali contenere le sostanze potenzialmente pittoriche presenti nella Recherche, è necessario pensare di utilizzare come limite primario la pittura impressionista di Monet, e come limite ultimo la pittura puntinista di Seurat o Signac, nella quale si risolve il continuo intervento analitico che in Proust viene attuato sulle impressioni sensoriali.

E’ entro questi confini che ha senso ricercare i caratteri e le qualità che costituiscono la pittoricità proustiana .

La "terribilità" di Monet

Una motivazione, palese e "di fondo", che mi impedisce di poter considerare Monet e Proust come pienamente accostabili è la presenza, in un certo senso dominante all'interno della Recherche,di una dimensione interiore inquieta, impossibile da pacificare e spesso sconvolgente, che va ben oltre la gioia di vivere dell'impressionismo.

Tuttavia anche la pittura di Monet può apparire sconcertante, e questa possibilità latente è diretta conseguenza della "purezza ottica" di questo artista sicuramente molto più "rigoroso" rispetto ad altri impressionisti come Manet o Renoir.

Se è vero che Monet dipinge quel mondo fatto di schiume atmosferiche e luminose incastonato tra il nostro sguardo e il mondo oggettuale, allora è vero che Monet restituisce sulla tela, rendendolo quindi percepibile, lo spessore della distanza che ci separa dagli oggetti.

Ed è proprio da questo senso di distanza del mondo oggettuale che nasce la "terribilità" di Monet, che è comunque riconosciuto come uno degli autori più "piacevoli" dell'arte contemporanea.

Ma questa piacevolezza è quasi puramente ottica, il piacere che viviamo davanti ai suoi dipinti nasce dal fatto che questi sono nati dal prevalere, nel "gioco della percezione", degli aspetti esclusivamente ottici dell'osservare, ed è questo uno dei motivi che rendono otticamente fresca la pittura del grande impressionista.

Il coinvolgimento mentale è ridotto al minimo, precludendo quindi ogni possibilità di speculazione su quel mondo che si trova al di là delle bucce di luce e atmosfera che lo ricoprono.

Questa è la pittura di Monet.

Piacevole otticamente, sensualmente appagante. Terribile intellettualmente, ed effimera.

E per questi motivi Monet può essere considerato (se si considerano specialmente le sue ultime opere) anche come uno degli artisti che rappresentano al meglio, nell'epoca della scienza e dell'industria, la separazione tra sensualità e conoscenza, l'impossibilità di conoscere il mondo "incontrandolo" sul piano sensoriale.

Memoria involontaria e pittura.

Non è impossibile pensare, immaginare un dipinto di Monet come una impressione della memoria, e quindi assimilare il dipinto stesso all'immagine di un ricordo.

Non trovo tuttavia pienamente convincente questo "utilizzo mnemonico" della sua pittura.

E’ un utilizzo forzato, una eccessiva strumentalizzazione non solo nei confronti di Monet, ma anche nei confronti della pittura "in se".

Certo, un dipinto fissa un evento, un paesaggio, un momento, memorizzare ( e non ricordare ! ) è una delle funzioni della pittura , ma difficilmente, secondo me, la pittura può rappresentare, condensato in una immagine, il "divenire", l'emergere di un ricordo, e di conseguenza, "rappresentare" l'azione della memoria involontaria proustiana.

Solo alcuni ritratti di Rembrandt, e forse solo alcune delle ultime vedute del Mont-Saint-Victoire di Cézanne possono essere fonti pittoriche adeguate.

In queste ultime opere Cézanne sembra dipingere come se passasse un dito su un vetro appannato per vedere oltre . Il gesto pittorico diventa "colpo di scalpello": è nel momento in cui la tecnica pittorica si fa "scultorea" che un quadro può "arrivare" a descrivere l' emergere, il venire alla luce, di un ricordo sepolto nella memoria involontaria, conservandone, per quanto possibile, la complessità.

Per descrivere con maggiore adeguatezza questo processo, così importante in Proust, e quindi così particolare da dover essere affrontato in modo specifico, è necessario, a questo punto, abbandonare la pittura e rivolgersi alla scultura.

Ma , tra tanti scultori, quale è in grado di risolvere al meglio le potenzialità visive del ricordare involontario proustiano?

Medardo Rosso è un buon esempio. Sotto la luce condensata nella cera delle sue sculture preme una figura o un volto , così come in Proust il ricordo emerge, o meglio, "diviene" (diviene perché involontario) colpito dalla luce di una sensazione.

(Maggio 2003)



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