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Testo di Paola Musarra




3. L'indifférent

Philip Kolb, nella sua Préface a L'indifférent, attira la nostra attenzione sulla funzione importante che Proust già a ventidue anni attribuiva ai fiori, e - sorpresa - sulla sua prima crisi d'asma, descritta nella novella.

Nella presentazione di Madeleine appare per la prima volta quella splendida, colorata varietà di orchidea (cattleya) che sarà poi nella Recherche il simbolo del rapporto sessuale.

Proust a 13 anni

Madeleine è nel suo palco all'opera: orchidee come unico ornamento sul corpetto di tulle giallo, orchidee sospese alla nera capigliatura ("torre d'ombra"), come "pallide ghirlande di luce".

Un mattino Madeleine, sola e disperata (Lepré, l'uomo che ama, si mostra indifferente) siede nel giardino delle Tuileries. Ad un tratto vede apparire il grosso cane barbone bianco di Lepré. Lo prende tra le braccia, lo stringe, lo bacia piangendo, poi stacca dal corpetto un mazzolino di violette e lo assicura al collare del cane, che si allontana.

Qui, il valore simbolico del mazzolino di violette (un "ponte", un arco voltaico fra il corpo della giovane donna e quello di Lepré) non si è ancora arricchito delle splendide raffinatezze psicologiche della Recherche.

Eppure, quando in un altro momento del racconto Madeleine associa alla propria tristezza i fiori appassiti del suo corsetto, che sotto le loro "palpebre avvizzite" sembrano pronti a piangere con lei, già assaporiamo, nel ritmo languido della frase, i primi frutti di uno stile maturo.

Ma il momento più intenso della novella è quello in cui Madeleine apprende che Lepré partirà dopo qualche giorno per un lungo viaggio all'estero. In quel momento, e solo in quel momento, sentendo "tutto ciò che da lei si strappava", essa si rendeva conto di "ciò che in lei era entrato".

E ciò che penetra, ciò che si strappa è l'amore - ed è l'aria, il soffio vitale che si apprezza solo quando un incidente qualsiasi rischia di soffocarci.

Così, un bambino che dalla nascita respira senza farci caso non sa quanto l'aria, che gli gonfia così dolcemente e insensibilmente il petto, sia indispensabile alla sua vita. Se un attacco di febbre o una convulsione rischiano di soffocarlo, comincia a lottare, con uno sforzo disperato di tutto il suo essere, per la vita, per la tranquillità perduta che ritroverà solo con l'aria, quell'aria che dalla sua stessa vita ora gli appare improvvisamente inseparabile.

Secondo Kolb, Proust ci offre un documento unico sulla prima crisi d'asma che l'aveva colto a nove anni, quando evoca il povero malato che sta per soffocare e che, a coloro che lo compiangono senza poterlo aiutare, "attraverso gli occhi pieni di lagrime, sorride."

Questa immagine delicata e dolorosa del piccolo Marcel sofferente chiude come un emblema - insanabile ferita - il cerchio delle mie riflessioni.

(domenica 23 gennaio 2000 ore 15.02)




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1998


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