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Copertina libro Joseph Czapski

La morte indifferente. Proust nel Gulag

Titolo originale: Proust contre la déchéance. Confidences au camp de Griazowietz

Prefazione di È. de la Héronnière, postfazione di G. Herling, traduzione di M. Zemira Ciccimarra
Con quattro immagini del quaderno del campo

ed. L'Ancora del Mediterraneo, Napoli 2005

ISBN 88-8325-152-0



Pubblicato da una piccola e raffinata casa editrice napoletana, "La morte indifferente" è un breve ma preziosissimo libretto.

E' un libro che non è stato mai scritto dal suo autore ma, come dice Edith de la Héronnière nella prefazione "è stato raccontato, e afferrato al volo per essere trascritto da dita irrigidite dal freddo".

Joseph Czapski, nato a Praga da famiglia aristocratica polacca, di educazione raffinata; pittore e scrittore, dopo una lunga permanenza a Parigi torna a Varsavia, dove si trova quando scoppia la guerra. Il 29 settembre 1939 viene fatto prigioniero dai russi e internato prima nel campo di Starobielsk e poi, nel maggio 1940, trasferito a Griazowietz scampando così, per puro caso, al massacro di Katyn perpetrato dalla polizia sovietica.

Nel gulag Czapski organizza, assieme ad altri prigionieri, conferenze di argomento storico e letterario ("Abbiamo cercato di riprendere un certo lavoro intellettuale che ci doveva aiutare a superare la prostrazione e l'angoscia e a preservare le menti dalla ruggine dell'inattività") e lui stesso tiene conferenze sulla pittura francese e polacca e sulla letteratura francese ed in particolare all'opera di Proust.

Non ha il supporto di alcuna biblioteca, non ha alcun libro relativo al tema. Nella sua conferenza dunque Czapski non ha a sua disposizione, per rievocare il mondo di Proust e di "Alla ricerca del Tempo perduto" altro strumento che la memoria; quella memoria che è una delle architravi dell'opera di Proust; per illuminarlo, nient'altro che la luce del suo ricordo. Ed è così che facendo rivivere Proust, la sua opera, il suo mondo, Czapski riesce a vivere e a far vivere i suoi ascoltatori. E questo lo sa con tale certezza che "la morte gli diviene indifferente".

Czapski parla dunque ai suoi compagni di prigionia dei sui primi, difficili approcci con l'opera di Proust, rievoca il contesto, gli avvenimenti artistici e letterari che fanno da sfondo alla stesura dell'opera; si addentra nella biografia di Proust, così indistricabilmente intrecciata al romanzo. Analizza lo stile, il linguaggio, i personaggi; cita interi brani della RTP. Tutto e sempre affidandosi solo alla memoria.

Liberato nel 1941, trasferitosi definitivamente a Parigi, muore nel 1993 lasciando una notevole opera pittorica e letteraria.

Di saggi su Proust sono ormai stracolme le librerie, ma questo di Czapski è prezioso perchè è una grande metafora del potere che ha l'arte di restituire agli uomini la dignità negata e calpestata dalla guerra. Il suo titolo originale infatti è --- non a caso ---"Proust contre la déchéance", e cioè "Proust contro il degrado".

Scrive Czapski nell'introduzione:

"Vedo ancora i miei compagni ammucchiati sotto i ritratti di Marx, Engels e Lenin, sfiniti dopo una giornata di lavoro al freddo, con temperature che raggiungevano i quarantacinque gradi sotto zero, che ascoltavano le nostre conferenze su temi tanto lontani dalla nostra realtà di allora.

E pensavo con emozione a Proust, nella sua camera surriscaldata dalle pareti di sughero, che si sarebbe assai stupito, e forse commosso, di sapere che a vent'anni dalla sua morte un gruppo di prigionieri polacchi, dopo una giornata intera trascorsa nella neve, al freddo, ascoltavano con vivo interesse la storia della duchessa di Guermantes, della morte di Bergotte, e tutto quello che riuscivo a ricordare di questo mondo di preziose scoperte psicologiche e di bellezza letteraria"


Io credo che Proust non avrebbe potuto immaginare omaggio più grande.


(La copertina del libro riproduce una pagina del quaderno originale.
Cliccare sull'immagine per ingrandirla)



Joseph Czapski, foto
Joseph Czapski



fiori


Note a margine

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1998