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SAMUEL BECKETT

"COME APOLLO
CHE SCORTICA MARSIA"


Proust? Un romantico senza sentimentalismo



Nel 1931, a soli 25 anni, il dublinese Samuel Beckett, grande ammiratore di Joyce e futuro premio Nobel per la Letteratura; colui che, molto più tardi, qualcuno definirà "il più difficile, il più timido, il più reticente dei maestri della letteratura moderna", scrisse un saggio su Proust, autore da lui molto amato.

Scriveva Oreste del Buono nella prefazione all' edizione italiana del 1962: "Fautori e denigratori si sono ormai abituati a nutrire una certa rassegnazione nei confronti dell'opera di Samuel Beckett: la considerano gli uni e gli altri illeggibile" aggiungendo poi, dopo qualche pagina: "Siamo lieti di non essere d'accordo e di presentare un testo di Beckett di cristallina leggibilità, il più autorevole invito (e rimprovero) a rinunciare a ogni pigrizia critica."

Beckett considera Proust un grande romantico, ma un romantico "senza sentimentalismo".

Ciò che segue sono solo pochi stralci di un testo che ancora oggi non ha perso nulla della sua forza critica e della sua capacità di fugare molti, troppi luoghi comuni che circondano l'opera di Proust.

Esso fornisce anche un illuminante risvolto personale sullo stesso Beckett e la sua opera letteraria che, all'epoca della stesura di questo breve ma intenso saggio, non era stata ancora redatta.





"...il procedimento proustiano è quello di Apollo che scortica Marsia, e afferra senza sentimentalismo l'essenza, le acque frigie (...) Proust non commercia in concetti, ma persegue l'Idea, il concreto. Egli ammira gli affeschi dell'Arena di Padova perché il loro simbolismo è trattato come una realtà speciale, letterale, concreta, che non è la mera trasmissione pittorica di una nozione. (...) per Proust l'oggetto deve essere un simbolo vivente, non un simbolo in sé. (...) Il punto di partenza di Proust dev'essere situato nel simbolismo, o ai suoi margini. Ma egli non procede di pari passo con France, verso un elegante scetticismo e le mode marmoree, né (...) con Daudet e i Goncourt verso le "notes d'aprés nature".... (...) Egli non sollecita fatti e non cesella delle sfere ornamentali cellinesche. Egli muove dai Simbolisti, e va all'indietro verso Foto di Samuel BeckettHugo. E per questo motivo egli è un solitario e una figura indipendente. Il solo contemporaneo della stessa tendenza regressiva è, per quanto mi risulti, Joris Karl Huysmans. Una tendenza però che egli destestò e represse in se stesso.... (...)
Questa tendenza romantica di Proust ci torna spesso alla mente. Egli è un romantico nella sua sostituzione dell'affettività all'intelligenza, nel suo opporre lo stato affettivo particolare a tutte le sottigliezze dei rinvii razionali, nel suo rifiuto del Concetto a favore dell'Idea, nel suo scetticismo di fronte alla causalità. Così le sue spiegazioni puramente logiche -- in quanto opposte a quelle intuitive -- di certi effetti sono invariabilmente irte di alternative. E' un romantico nella sua ansia di compiere la sua missione, di essere un servo affezionato e fedele. Egli non cerca di eludere le implicazioni della sua arte, quale essa gli è stata rivelata. Scriverà come ha vissuto nel Tempo. Si eleva artificiosamente fuori del Tempo, per dar rilievo alla sua cronologia e casualità al suo sviluppo. La cronologia di Proust è estremamente difficile da seguire, la successione degli eventi è spasmodica, e i suoi temi e caratteri, benché sembrino obbedire a una quasi insana necessità intrinseca, sono presentati con buon dostoievskiano disprezzo per la volgarità di una concatenazione plausibile (L'impressionismo di Proust ci riporta a Dostojevskij).

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Proust può essere paragonato a Dostojevskij che fissa i suoi personaggi senza parlargli. Si potrebbe obiettare che Proust non fa praticamente altro che spiegare i suoi personaggi. Ma le sue spiegazioni sono sperimentali e non dimostrative. Li spiega in modo che essi possano apparire quello che realmente sono, ovvero inesplicabili...

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Era incapace di registrare la superficie. (...) Egli descrive la qualità radiografica della sua osservazione. Il copiabile non lo vede neppure. Egli ricerca una relazione, un fattore comune, i substrati. Così si interessa meno a cosa venga detto che a come venga detto.

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Per il suo impressionismo intendo la sua non logica esposizione dei fenomeni, secondo l'esattezza della loro percezione, prima che essi siano stati forzati nell'intellegibilità in modo da formare una catena di cause ed effetti. Il pittore Elstir è il tipico impressionista, che dipinge ciò che vede e non ciò che sa di dover vedere....

L'equivalente retorico del reale proustiano è una lunga serie di metafore. E' uno stile che affatica, ma non affatica il cervello. La chiarezza della frase è cumulativa ed esplosiva. La fatica che si prova è una fatica del cuore, una fatica del sangue. Si è esausti e innervositi dopo un'ora, sommersi, dominati dal susseguirsi e dall'intrecciarsi di metafora dopo metafora: ma mai stupiti. La lamentela che si tratta di uno stile involuto, denso di perifrasi oscure e impossibile da seguire, non ha comunque alcun fondamento.

Samuel Beckett,  Proust, Sugar Editore, 1962





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1998