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CARLO EMILIO GADDA
(1893 - 1973)

PROUST E LA FISICA DEI QUANTI



Carlo Emilio Gadda, foto Nato a Milano da padre imprenditore e madre insegnante di lettere, si laureò in Ingegneria per volere della madre, nei confronti della quale nutrì sempre un profondo sentimento di amore-odio.
Partecipò alla prima guerra mondiale e conobbe la prigionia. Votato alla letteratura esordì con i suoi scritti sulla rivista "Solaria"
Nel 1940 lasciò Milano per andare a vivere prima a Firenze e poi a Roma. Lavorò a lungo alla RAI come curatore di rubriche letterarie.

"L'Ingegner Gadda" (come viene chiamato ancora oggi dai suoi appassionati lettori tra cui la sottoscritta) è riuscito ad arrivare ad una sintesi tra cultura scientifica e cultura umanistica ed è stato uno dei più innovativi scrittori italiani. Ha creato un lessico originalissimo che unisce termini tecnico-scientifici alla parlata popolare e al dialetto, tanto che per lui si è arrivati a parlare di "espressionismo". Con la sua prosa sarcastica mette in luce le debolezze e l'ipocrisia della falsa morale borghese.

Tra i suoi numerosissimi libri, ne cito solo alcuni tra i più noti: "La Madonna dei filosofi"(1931), "Il castello di Udine"(1934), le raccolte di novelle "Adalgisa, disegni milanesi"(1944), "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana"(1957), "Accoppiamenti giudiziosi"(1963),"La cognizione del dolore"(1963)



Una pagina di Proust, un periodo di Proust, è molte volte un tentativo (a mio avviso riuscito) di raccogliere nella contemporaneità mentale, cioè in un unico momento espressivo, una folla di immagini cospiranti, convergenti a significazione ricchissima: è un imbuto sagace, che permette a lui stesso, e dopo di lui al asuo lettore, di bere in una lenta sorsata i mille rivoletti , i mille apporti dell'analisi. È una nave soccorritrice che si carica di mille passeggeri, anzichè di dieci. C'è un che di eroico nella libertà e nella spregiudicatezza della sua ricerca, un che di fatale e direi di logicamente predeterminato nell'amarezza della sua pittura: come v'è un che di eroico nella libera affermazione di freud, che al banco della esplorazione clinica - un quarantennio! - esercita l'acume, spietato e caritatevole a un tempo, del ricercatore, coordinando le risultanze dell'indagine in una nuova scienza e, credo, in una carità rinnovata. Ammiro in Freud, condonatigli slittamenti inevitabili, ammiro in lui il Copernico dell'indagine psicologica, il novello Beccaria. In Proust ammiro il senso della relatività del punto di osservazione, cioè del costante riferimento di esso all'oggetto osservato: senso che è addirittura metodo e direi canone nella moderna "fisica dei quanti". In Proust è una doppia, una tripla, una decuplicata rappresentazione del personaggio e dell'evento: la quale impegna a nuova disciplina, a nuova ginnastica, la zona più propriamente gnoseologica delle nostre facoltà. Il personaggio si muove e muta nel tempo, col tempo, fino alla dissoluzione della sua stessa infermità, della sua pompa inutile, del suo peccato.

Carlo Emilio Gadda, "I grandi uomini" in "Carlo Emilio Gadda- Tutte le opere" a cura di Liliana Orlando, Clelia Martignoni e Dante Isella. Vol. I, pagg. 978 -979 "Saggi, Giornali, Favole ed altri scritti". Garzanti Editore, 1991)




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1998