Proust spiegato da Proust: Lettere, interviste, testimonianze







PROUST RISPONDE ALLA LETTERA DI GIDE
DEL GENNAIO 1914






12 o 13 Gennaio 1914




Mio caro Gide,


Ho più volte sperimentato che talune grandi gioie hanno come condizione di esser prima stati privati di una gioia di qualità inferiore, che meritavamo, e senza il desiderio della quale non avremmo mai potuto conoscere l'altra gioia, la più bella.

Senza il rifiuto, senza i rifiuti ripetuti della N.R.F., non avrei ricevuto la vostra lettera. E se le parole di un un libro non sono totalmente mute, se (come credo) sono simili all'analisi spettrale e ci informano sulla composizione interna di quei mondi lontani che sono gli altri individui, non è possibile che dopo avere letto il mio libro voi non mi conosciate abbastanza per essere certo che la gioia di ricevere la vostra lettera supera infinitamente quella che avrei provato ad essere pubblicato dalla N.R.F. Posso a maggior diritto dirlo perché, quando ho conosciuto la disposizione sfavorevole della N.R.F., non ho affatto simulato di esservi indifferente. Il vostro amico (credo di poter quasi dire il nostro amico), il signor Copeau (*), può dirvelo.

Molto tempo dopo gli ultimi rifiuti da parte della sua rivista, mentre gli auguravo buona fortuna per il suo teatro, gli scrivevo (non ricordo le parole esatte, ma il pensiero era questo): "Ma le resistenze che incontrerete, da parte delle persone che non possono comprendere il vostro sforzo, saranno meno crudeli di quelle che provo io, da parte di persone che dovrebbero comprendere il mio. Ricordate che per poter sentire il mio libro situato nell'atmosfera che mi sembrava convenirgli, ho tenuto in poco conto il mio amor proprio, e senza lasciarmi scoraggiare, pur avendo un editore e un giornale, li ho abbandonati per sollecitare da voi un editore e una rivista, che non hanno voluto saperne di me, in nessun modo; la parola del Vangelo continua ad essere vera: "Voleva entrare nella sua casa, e i suoi non l'hanno accolto".

Ricordo che gli citavo questa frase e gli dicevo che era facile condannare il boulevard, ma che non bisogna neppure rimandare al boulevard coloro che non sono fatti per esso e che scrivono sui giornali soltanto perché le riviste ad essi più confacenti non vogliono saperne di loro.

Se vi dico tutto questo, caro Gide, è per dimostrarvi che sono completamente sincero nel dirvi che i sentimenti che provo per voi (oltre alla mia ammirazione profonda) sono soltanto quelli della mia riconoscenza più commossa.

Se vi rammaricate per avermi addolorato (e l'avete fatto anche in un altro modo, che tuttavia vi dirò a voce, se la mia salute mi permetterà mai di farlo), vi supplico di non serbare alcun rammarico, perchè voi mi avete fatto mille volte più piacere di quanto non mi abbiate addolorato.

Se siete sufficientemente buono per rallegrarvi o affliggervi secondo il bene che avete fatto (e io so che è così dai vostri mirabili Appunti di un giurato), siate felice. Come vorrei essere capace di procurare a qualcuno che amassi il piacere che voi avete procurato a me! Ecco, ricordo questo. Poco fa, vi dicevo di avere desiderato che la N.R.F. mi pubblicasse per sentire il mio libro nell'atmosfera nobile che mi sembrava meritare. Non era solo questo. Sapete, quando dopo molte indecisioni si decide di partire per un viaggio, il piacere che ci ha fatto decidere, la cui immagine fissa ha finito col trionfare sul fastidio di lasciare la propria casa, ecc., è spesso un piacere assai piccolo, arbitrariamente scelto dalla memoria fra i ricordi del passato...è mangiare un grappolo d'uva a quell'ora, a quel tempo. E il piacere per cui si parte, quando si è tornati ci si accorge di non averlo provato.

Ora, per essere veramente sincero, quel piccolo piacere che mi ha fatto decidere all'improvviso, malato com'ero, quegli assurdi passi col signor Gallimard, e poi di perseverare, ecc., fu, me ne ricordo molto bene il piacere di essere letto da voi. Mi dicevo: "Se la N.R.F. mi pubblica, è molto probabile che egli mi legga.

Ricordo che fu quello il grappolo d'uva dissetante , la cui speranza mi fece superare il fastidio delle telefonate che rimanevano senza risposta, ecc., quando "dalla parte del boulevard" mi venivano invece rivolti appelli così gentili. Ora, quel piacere, io, più fortunato del viaggiatore finalmente l'ho avuto, non come credevo, non quando credevo, ma più tardi, ma in altro modo, e assai più grande, sotto la forma di questa vostra lettera.

Sotto questa forma, ho "ritrovato" il Tempo perduto. Vi ringrazio e vi lascio, ma per rimanere con voi, per seguirvi, questa sera, nei Sotterranei del Vaticano

Vostro devotissimo e riconoscente


firma di Proust



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(*) Jacques Copeau, uno dei fondatori della N.R.F e direttore del Teatro du Vieux Colombier, di cui Gallimard era amministratore.



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