Proust spiegato da Proust: Lettere, interviste, testimonianze






"...UNA CRITICA DA ARTISTA..."

Nel 1904 Proust scrive al suo amico Gabriel de La Rochefoucauld (uno dei tanti modelli di Saint Loup) che ha scritto un romanzo "L'Amant et le Médecin", in parte autobiografico.


Gabriel de La Rochfoucauld, foto
Gabriel de La Rochefoucauld



Questa lettera, in cui Proust con molto garbo e diplomazia critica il romanzo dell'amico, è interessante per almeno due motivi: per le questioni di scrittura e di stile, ovviamente. Ma anche per le notazioni al modo con cui vengono trattati da La Rochefoucauld l'amore e la gelosia, notazioni dalle quali emerge l'idea che lo stesso Proust ha di questi due temi tanto importanti per lui.




Venerdì sera [ultimi mesi del 1904]



Caro Gabriel,

grazie per la vostra gentile e carissima lettera (che ho ricevuta or ora). Ecco. Ciò ch'era ancora torbido,per l'agitazione, si è sedato, si è decantato, come si dice dei liquidi. Vedo meglio adesso con che sostanza abbiamo a che fare, e la mia prima impressione si è piuttosto rafforzata in senso positivo, perché sono rimasti vivi in me l'interesse e l'emozione, e ho ripensato spesso a questa storia drammatica.

1. Ho da rivolgervi una critica d'artista (parola di cui faccio un uso improprio, e vi spiegherò perché). Il finale,contrariamente a quel che credete, è chiaro e palpitante. Solo che a partire dalla coltellata Merrien sembra un po' fatuo. Troppo dice all'amante: "Sai, non sono un mollusco, ho coraggio, hai visto il sangue, ecc.". Ora, un suicidio mancato serba grandezza a patto che il suicida non pensi di essersi comportato da eroe: diversamente ci dà un po' fastidio (è questione di una lievissima sfumatura, ed è per rendervela evidente che la accentuo fino al ridicolo). Era vostra intenzione mostrare che a partire da quel momento il personaggio assume tutte le caratteristiche anche quelle esasperanti, del nevrastenico? Se cosi è, il discorso è serio dal punto di vista medico ma dal punto di vista drammatico è produttivo fargli dire di se, con intima soddisfazione, che dorme come un bruto, che è stravagante, strambo, indolente, ecc ? Posso sbagliarmi completamente, sta a voi giudicare.

2. Ho poi una obiezione da innamorato. Non è una critica, questa, perché le verità e le possibilità psicologiche sono tante. L' autore ne sceglie una che può non essere la nostra senza che la sua opera ne scàpiti. Si tratta di questo: Merrien si sente dire dall' amante "Restiamo solo amici". Ciò non lo rende geloso, acconsente. È dopo, da quando si rende conto che è stato il medico a proibire alla donna di continuare ad averlo come amante, che si rode di gelosia. Può essere una descrizione realistica, e basta questa possibilità per renderla bella. È d'altronde più in linea con l'economia interna, con il piano armonico del romanzo, che si intitola appunto L'Amant et le Médecin.
Quanto a me, con il temperamento e il tipo di gelosia che mi ritrovo, ciò che mi avrebbe immediatamente reso geloso è il "Restiamo solo amici". Lo avrei interpretato come una confessione di sazietà, un inizio di indifferenza, un indice di disgusto. Non dimenticherò mai il giorno mi cui sono sentito rivolgere una frase analoga dalla donna che ho più amata. Se dopo qualche resistenza ho accettato è stato per orgoglio. Ma ho pensato che da quel giorno il desiderio fisico ch'ella provava per me era soppiantato dal desiderio per un altro. Era l'inizio della rottura. Per anni poi, anni di affetto, di baci casti abbiamo evitato di alludere all'accaduto, alle mie carezze, a qualsiasi cosa che avrebbe potuto avvicinarci alla zona interdetta e riaprire la dolorosa cicatrice del mio cuore. Una tale indifferenza è subentrata adesso, che ultimamente ho azzardato una avance scherzosa, alla quale ella ha reagito con asprezza dicendomi: "Non fare così, non va bene". Ma ripeto, la vostra ipotesi è anch'essa vera e più in linea con il disegno generale.

Di massima, non abbiate tanti dubbi sull'insieme, sulle situazioni. In questo eccellete. Per contro, siate di più difficile contentatura per ciò che attiene alla resa "artistica", all'eleganza stilistica nei particolari. Riflettete al fatto che spesso ciò che ci piace moltissimo in una frase è quel che avevamo in mente nel momento in cui l'abbiamo scritta e che non vi abbiamo messo. Sovente l'artista è come Nabucodonosor, che sul muro leggeva qualcosa di visibile solo a lui. Allo sguardo degli altri si offriva solo la nuda parete. Dobbiamo tenere presente che spesso le nostre frasi fanno agli altri lo stesso effetto. Ogni volta che dovete esprimere una verità psicologica, intellettuale, sentimentale, ironica o qualcosa che avete osservato, lo fate egregiamente. Di minore gusto talvolta il colore del paesaggio, un filino più banale. Nel vostro romanzo ci sono paesaggi grandiosi e belli. Ma si desidererebbe talvolta più originalità nella resa coloristica. L'incendio del cielo al tramonto è una realtà, ma abusata, e il lume discreto della luna è un po' fiacco. Dimenticate queste futili osservazioni da pedagogo, ricordate solo l'interesse e l'emozione che sono rimasti vivi in me, dite a voi stesso che avete scritto un romanzo grande e forte, un'opera superba e tragica, complessa e ineccepibile sotto il profilo compositivo, e credete alla mia sincera amicizia.







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1998