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Paolo Marco Fabbri

MADAME SWANN E LA VERGINE DEL MAGNIFICAT
Botticelli-La madonna del Magnificat



È un magico effetto quello che si instaura tra i brani di Marcel Proust, nei quali argomenta su uno o più opere pittoriche, e queste opere stesse: il brano rimanda all'opera o meglio ad un suo particolare e questo rimane legato al brano, quasi come se l'uno fosse stato realizzato, molti anni prima, per essere di complemento ad alcuni passi che Proust avrebbe scritto molto più tardi. Egli è un grande critico d'arte, ama le opere scelte per meglio descrivere un aspetto del carattere di un personaggio, o un ambiente o uno stato d'animo, e questo amore si avverte e coinvolge intensamente nella voluttà con la quale egli ne prende possesso, nel più profondo, e la fa sua, diventando una propria creazione: la accarezza, la riplasma e, infine, la ricama all'interno del brano incastonandovela indissolubilmente.

Il lettore è indotto a ricercare immagini dell'opera spesso già nota, ritrovarvi il particolare e "rileggerlo" alla luce della nuova prospettiva, arricchito da questo nuovo contributo; subito dopo, ritorna al brano, ed al personaggio carico della suggestione appena raccolta. Allora, come nel brano di À l'ombre des jeunes filles en fleur in cui Odette ricorda a Swann la Madonna del Magnificat di Botticelli , l'immagine di M.me Swann si arricchisce di nuovi particolari: "ses mains pensives" ..." le mouvement délié, un peu tourmenté de la vierge" sono quelle mani e quei movimenti creati dalla delicatezza ...piena di grazia... di Sandro Botticelli, e come nel gioco giapponese descritto nel passo delle petites madeleines, "prende forma e solidità"; questa volta, non all'improvviso, come un miracolo, scaturito da un vecchio sapore dimenticato, ma lentamente nel tempo dell'opera e nel nostro tempo dell'opera nel quale la leggiamo e rileggiamo.

Per apprezzare meglio questo brano possiamo avvalerci del grande contributo offertoci da Giovanni Macchia in Tutti gli scritti su Proust, Einaudi, Torino 1997, Capitolo secondo, Vermeer, o il silenzio della pittura:

  • [... quella di Proust] "è la pittura di uno che non sa dipingere, e che invece di commentare quadri altrui, come facevano i maestri dell'"ecriture artiste", si mette direttamente a dipingere con le parole. ... E poiché l'arte è operazione intellettuale, ben lungi quelle pagine dall'essere una descrizione di semplici superfici cromatiche, risolvono, con la consapevolezza critica propria dei creatori, problemi vivi dell'estetica proustiana e della contenplazione di una forma umana"


  • " ... la bellezza di certi abiti, sono visti e osservati nella Recherche con occhio educato ad opere di pittura preesistenti. Partendo dalla realtà, se ne allontanano misteriosamente. È grazie alla benevola intercessione di quelle opere se la visione si stacca dal ritmo usuale dello spazio e del tempo. E quando Proust guarda un quadro e trascrive con una ricca penetrazione intellettuale e psicologica l'incanto delle cose, tutto ciò che dice può essere inserito senza arbitrio in una pagina della Recherche."




(Giugno 2001)



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1998



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