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Andrea Sperelli

IL DANDISMO DI MARCEL PROUST


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IL DANDY
Immagini e parole dei poeti dell'apparenza


Mi è stato cortesemente chiesto di redarre un trattatello, o saggio che dir si voglia, per sostenere la tesi ---- non solo mia ---- secondo la quale Marcel Proust, il famoso autore della saga de "Alla ricerca del tempo perduto", sia stato un autentico dandy. Tale richiesta mi è stata posta dalla gentilissima Gabriella Alù , ideatrice e curatrice del presente sito dedicato allo stesso Proust ed al suo mondo. Ora, a scanso d'equivoci, non intendo promettere nulla ch'io non possa mantenere; non vi prometterò nè la brevità di questo trattato, che inizialmente aveva la pretesa d’esser leggero e poco impegnativo, e neanche prometter di saper dimostrare fino in fondo la fondatezza di questa ‘tesi’ – che in realtà, nonostante la frivola apparenza che può indurre i meno curiosi od esperti ad un ironico sorriso, potrebbe dimostrarsi fulcro di comprensione di un personaggio che fu vero protagonista del proprio tempo.

Non ho la pretesa di dimostrare per certo alcunchè , non essendo io uno studioso nè un esperto, ma nulla più che un semplice appassionato, che qui arrossirà, vero, nel momento in cui vi dichiarerà d'aver letto per intero solo i primi due volumi ( "Dalla parte di Swann" e "All'ombra delle fanciulle in fiore") della famosa saga della Recherche, e di questa nulla altro ancora, più per scarsità di tempo a disposizione che per altro.

Ma su di essa, posso dire a ragione d'aver letto abbastanza, e, più di tutto, sull'autore stesso, giacchè era costui che veramente m'interessava, quale profondo analizzatore d'una intera epoca, nel momento più alto del suo dorato ed idillico decadimento. Quale attento osservatore, con una conoscenza della psicologia umana (e tutto questo senza Freud, pensate un po'!) sorprendente che gli consentiva di cogliere già addirittura in anticipo, e nei minimi dettagli, le diverse reazioni che un discorso, una parola, un'immagine od una lettura avrebbero provocato in ogni diverso soggetto umano, Marcel Proust potrebbe senza difficoltà, già solo per questo motivo, avvicinarsi di molto alla perlacea bolla irridescente che fa volteggiare i dandies sopra le teste dei comuni borghesi, col il naso per aria, le bocche spalancate come tanti ridicoli pesci, tutti intenti nello sforzo di distinguere i profili dei bizzarri personaggi che si librano indifferenti sopra le loro teste.

Proust  visto da Massimiliano Mocchia di Coggiola
Marcel Proust visto da
Massimiliano Mocchia di Coggiola



Per comodità, o forse dovrei dire per pigrizia, citerò di seguito i testi dai quali estrapolerò frasi o a volte brani interi, per non dover compiere ogni volta la stessa azione dopo ogni citazione, come solitamente è usuale fare.

Prima di tutto, sarà opportuno citare Giuseppe Scaraffia, quale eccellente autore di trattati sul dandismo, come "Il dizionario del dandy", e, da poco pubblicato dalle eleganti edizioni Sellerio, il volumetto "Gli ultimi dandies"; probabilmente non citerò direttamente questi due testi, ma trovo utile menzionarli comunque dato l'argomento che ci interessa ora.

Dello stesso autore ricorderò pure la biografia di Proust, intitolata per l'appunto "Marcel Proust", la quale mi sarà, nonostante le apparenze, relativamente poco utile allo scopo, per condurvi nel ragionamento, o piuttosto nell'esposizione di fatti, che voglio portare avanti a favore della piccola tesi di cui all'inizio. In questo Scaraffia si limita infatti a raccontare in successione gli avvenimenti della vita del grande scrittore, ma fornisce pochi aneddoti che potrebbero risultare esserci veramente utili. Ma, alla fine del testo, lo stesso autore fornisce numerosi brani di libri od interviste di personaggi che conobbero Proust o gli furono sinceri amici, e questi si riveleranno più utili allo scopo. In particolare, un brano di Paul Morand, uno di Fernand Gregh, ed uno di Jacques Emile Blanche, il pittore che gli fece il famoso ritratto con la cravatta tortora, consigliatagli da Oscar Wilde in persona.

Ancora, la biografia di Robert de Montesquiou-Fesenzac, intimo amico di Proust, intitolata naturalmente "Robert de Montesquiou", scritta con una verve ammirevole e con una approfonditissima conoscenza degli eventi (alcuni vissuti in prima persona) che non lascia adito a dubbi --- dal fu Philippe Jullian, anche pittore e critico d'arte.

Pure, il libro che raccomando a chiunque volesse saperne un po' di più sull'argomento specifico, "George Brummel e il dandismo", di Barbey d'Aurevilly, che conobbe Lord George Bryan "Beau" Brummell in persona.

Non dimenticherò neanche "Oppio", sorta di "diario di bordo" del grande poeta, scrittore, pittore, cineasta e dandy Jean Cocteau, che questi scrisse quando si trovava in clinica di disintossicazione. In questo testo, Cocteau dedica un breve capitolo a Marcel Proust, che conobbe in prima persona, e del quale fu intimo amico per lunga data --- fino al 1922, anno della morte di Marcel. Ancora di Cocteau, "La difficoltà di essere" potrà essere utile, così come i suoi "Ritratti ricordo", quest'ultimo vero ricettacolo ironico di descrizioni di ambienti e situazioni fin-de-siecle.

Ed è proprio dal rapporto tra Proust e quest' ultimo artista che vorrei iniziare; entrambi ammiratori di Robert de Montesquiou (del quale non mancherò di parlare in seguito), furono assai soggiogati dal fascino di quest'ultimo --- come del resto lo fu quasi tutta la buona società francese della fine dell'Ottocento.


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1998


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