Proust spiegato da Proust: Lettere, interviste, testimonianze






"...QUESTO LIBRO, IN CUI HO MESSO
LA MIA VITA STESSA..."


Da una lettera a René Blum, che fece da intermediario a Proust aiutandolo a pubblicare Du côté de chez Swann presso la casa editrice Grasset.


5,6 o 7 novembre 1913



Caro amico,

(...)

... a questo libro, in cui ho messo il meglio della mia mente, la mia vita stessa, annetto più importanza che a qualsiasi altra cosa --- poco davvero --- che abbia fatto sinora.

(...)

Ciò che mi premerebbe (...) che non lo si scambiasse per una raccolta di articoli. I miei articoli sul "Figaro", li raccoglierò magari un giorno, ma sarà tutt'altra cosa.

Ho dato un titolo generale all'opera: À la Recherche du temps perdu. Il primo volume (ma sarebbe meglio non chiamarlo così, perché io pretendo di considerarlo un libro a sé (...) si intitola Du côté de chez Swann. Il secondo e il terzo, come annunciato in copertina, dovrebbero intitolarsi rispettivamente Le côté de Guermantes e Le Temps retrouvé, ma forse il titolo del secondo sarà À l'ombre des jeunes filles en fleur, o Les intermittences du coeur o forse, ancora, Les Colombes poignardées. Ma questi sono dettagli di cui è inutile parlare.

E' un libro estremamente realistico, ma in qualche modo supportato da un picciòlo di reminiscenza, per imitare la memoria involontaria, che secondo me, benché Bergson non faccia questa distinzione, è la sola vera.

La memoria volontaria, la memoria dell'intelligenza e dello sguardo non ci ridà del passato se non facsimili imprecisi che non gli assomigliano più di quanto i quadri dei cattivi pittori assomigliano alla primavera ecc. Sicché la vita non ci sembra bella perché non la ricordiamo, ma se percepiamo un vecchio profumo, ecco che subito entriamo in uno stato di ebbrezza. Lo stesso con i morti: crediamo di non amarli, perché non li ricordiamo, ma se ritroviamo un vecchio guanto, ci sciogliamo in lacrime.

Per cui, una parte del libro è una parte della mia vita che avevo dimenticata e che d'un tratto ritrovo mettendo in bocca una madeleine inzuppata nel tè; quel sapore mi incanta, prima ancora di riconoscerlo e di identificarlo, per averlo sentito in passato ogni mattina. Di colpo tutta la mia vita di allora resucita, e accade, lo dico nel libro, come in quel gioco giapponese dei pezzettini di carta immersi in una tazza d'acqua, che diventano figure umane, fiori, ecc. Tutte le persone, tutti i giardini di quel periodo della mia vita affiorano da una tazza di tè.

Un'altra parte del libro nasce dalle sensazioni del risveglio, quando non si sa dove si é e ci si crede indietro di due anni nel tempo, in un altro paese. Ma questo è lo stelo del libro. Ciò che esso regge è reale, appassionato, tutt'altro da ciò che sapete di me, infinitamente meno cattivo, credo: non merita piò l'epiteto di "delicato", di "fine", ma quelli di "vivo" e "vero" (vi assicuro che questo non significa verità).

(....................)

(Senza firma)








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1998