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Dario Maccari - LA "POLTRONA PROUST".
Una visita alla Triennale (pag.2)


Vetusta poltrona per eccellenza, ma butterata di pennellate, di tacche di colore che, evadendo dall'imbottitura avvolgono -- come una varicella variopinta -- anche le spumose ondate ricciolute della struttura portante.

Ah ! Il Rococò ... Ah ! Le pagliuzze ornamentali del miglior settecento andato ...
Un addio alla castità estetofobica dell'abitudinaria purezza del moderno ?
Nuovi ennesimi crudi eccessi di uno stile ancor più rococò del Tiepolo o del rock dei Queen?

Ma niente affatto: ecco che le effervescenze divisioniste, inzuppando di colori la poltrona, ne tarpano il sovraccarico passatismo strutturale.

E così, una semplice poltrona può diventare il campo di scontro tra moderno e antico: una delle tante ed epiche battaglie che, tra le pagine di Proust, come ha detto Raymond Queneau, "avvengono nei salotti."

Mentre sorvolavo i colori e i decori della poltrona, lasciavo scorrere, come i finestrini luminosi di un treno in corsa nelle buie cavità della mia mente, quelle parole che sono di solito utili per poter formulare un giudizio estetico: bello , piacevole , gradevole , grazioso , carino , modesto , mediocre, insipido , sgradevole , brutto ... Ma nessuna riusciva a soddisfarmi.

Non sapevo come poter definire l' impatto sensoriale di quell' oggetto così seducente e, allo stesso tempo, così insopportabile.

Era come se i miei pensieri si fossero tramutati in orrendi gironi infernali, in profondi crateri pieni di dubbi ed enigmi condannati a non avere risposte.
Era come se i punti interrogativi --- i riccioli che incombono sempre sul finire di ogni domanda --- si fossero trasformati in diaboliche fruste pronte a torturare ogni mia impressione sensoriale.

Cosmesi di trite datità formali deteriorate da logori anni e anni di "everything is pretty"?

Dolcificazione approssimativa di un desueto oggetto quotidiano ?

Reazionaria chincaglieria collocabile tra il Kitsch dei nani da giardino, dei ricordini souveniristici lagunari, dei sanitari zoomorfi, antropomorfi o neo-oggettuali?

Oppure feticcio di gusto insolito ma "squisito", e quindi apprezzabile anche tra i sacrosanti Maggiolini, i divini Chippendale, gli avveniristici Aalto ?

Mi guardai attorno nervosamente: nessuno nelle vicinanze - a parte, più in là, un grappolo di elegantissimi che, spandendo folate di estetologia, esecravano a voce alta il virtuosismo compiaciuto, quasi da ars topiaria, di certi prodotti Art Nouveau.

Non visto, posai un dito su un residuo di tessuto bianco, e lasciai scivolare il polpastrello su una scaglia di colore rosso. La sua consistenza materica risalì il mio braccio, arrampicandosi fino ai miei pensieri, soffocandoli: la mia inquietudine si spense, tutto tacque. Nel silenzio di questa improvvisa calma mentale, rimaneva solo quel serico fruscio, quel sussurro di emozioni che si vivono quando, sospesi tra pensiero e percezione, si manifestano gli equilibri dell'armonia.

Possibile ?

Sapevo molto bene che nella "poltrona Proust" non è possibile ritrovare la stessa assoluta armonia di un dipinto minerale di Piero della Francesca o di un putrido metro quadro di Pollock. Eppure, al suo cospetto, non potevo fare a meno di constatare la presenza di un meditato equilibrio che bilanciava, in una impeccabile armonia di eccessi, elementi fortemente contrastanti: da un lato, l'esasperata decorazione "reazionaria", dall'altro l'esagerata colorazione "divisionista".

In effetti, amalgamando in un' insospettabile euritmia eccessi decorativi e cromatici, la "poltrona Proust" si presenta come l'ironica caricatura di una vecchia poltrona: caricaturale nelle forme, e ironica nella colorazione.

Ma se si vuole capire al meglio la "poltrona Proust" è necessario non limitarsi a constatare l'efficacia ludica ed espressiva di ironia e caricatura --- che del resto sono elementi determinanti anche in personaggi "strutturali" della Recherche (il barone di Charlus o Madame Verdurin) --- ed affrontare le esigenze e le conseguenze, del design postmoderno.


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Pagine realizzate da Gabriella Alù
1998


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