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LA FRASE DI PROUST:
UNA POLIFONIA MENTALE



foto Proust Mi accusano di essere enormemente prolisso,
e per quanto mi sforzi alla stringatezza,
per quanto mi tagli, per pesare meno,
la libbra di carne che pretendeva Shylock,
non riesco a stare nella misura richiesta

(Lettera dell' 11 ? maggio 1907 a
Robert de Montesquiou)


Se andiamo a curiosare nel forum interattivo allestito sul sito Web della casa editrice Penguin per discutere con i lettori ed i proustofili di tutto il mondo le difficoltà che comporta tradurre la Recherche in inglese, troviamo che uno dei primi interventi è quello di un lettore che si è precipitato a scrivere:

"Please, more full stops than in the Kilmartin translation. I lose track in some of those long sentences."

Torna subito in mente ciò che scrisse Jacques Madeleine nella sua relazione per la casa editrice Fasquelle alla quale era stata proposta la pubblicazione di Swann:

"...una frase che va avanti per quarantaquattro righe!"

Oggi però tutti i lettori e gli specialisti concordano nel riconoscere che esiste una "frase di Proust": lunga, dal respiro interminabile ma discreto, con tutte quelle subordinate che mettono a dura prova la nostra memoria, quella musica di allitterazioni che supplisce alle nostre difficoltà di fronte alle ramificazioni logiche...

Julia Kristeva, semiologa e psicoanalista, prende in esame proprio quella frase (chiamata "la suites des chambres") che tanto aveva esasperato Madeleine e scoraggiato molti altri dopo di lui ed alla fine di una quindicina di fittissime pagine di analisi del testo conclude dicendo:


Binaria ma in espansione, la frase proustiana integra molteplici subordinate che ritardano la chiusura della totalità logica e sintattica: sia risalendo verso i temi e gli items anteriori, sia amplificando i temi e gli items attuali.

D'altra parte, essa comprende incastri indefiniti che ne rendono ambiguo il senso.
Si può considerare il ritardo e l'ambiguità sintattica come l'equivalente, sul piano dei processi secondari, di questa apertura della parola-segno verso ciò che Proust chiama una "impressione", che precede e va oltre i segni a beneficio della sensazione.

Scrivere l'impressione di una presenza della sensazione, al di qua e al di là del linguaggio, con gli strumenti stessi della sintassi: questo il progetto "involontario" della frase proustiana, che produce "grammaticalmente" l'opera "stilistica" della metafora.



La frase di Proust è una polifonia mentale, sonora e grafica al tempo stesso.
La frase musicale presente nello stile di Bergotte come nelle variazioni di Vinteuil ispira la stessa sintassi proustiana.



Si potrebbe descrivere la frase di Proust negli stessi termini con cui
Proust ha descritto la frase di Chopin
:



"Nella sua giovinezza aveva appreso ad accarezzare le frasi dal lungo collo sinuoso e smisurato di Chopin, così libere, così flessibili, così tattili, che s'iniziano cercando e provando il loro posto fuori e ben lungi dalla direzione di partenza, ben lontano dal punto cui si credeva giungesse il loro tocco, e che si librano in quella lontananza fantastica solo per tornare più deliberatamente, - in un ritorno più premeditato, con precisione più grande, come su un cristallo che risuoni fino a strappare un grido, - a colpirci nel profondo del cuore."

La strada di Swann



Fuggitiva, spostata e distesa, la frase proustiana è la struttura di queste intermittenze del cuore di cui ci libera, parallelamente ed esplicitamente, il senso.

--- Julia Kristeva



(ottobre 1999)


fiori


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1998