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Gabriella Alù
IL LABIRINTO DEL CASTELLO. Simbolismo e istituzione ne "Il Castello" di Franz Kafka |
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K. e Karl Rossmann hanno entrambi il problema dell'orientamento in un mondo nuovo che, soprattutto per K., si presenta come un labirinto del quale non verrà mai a capo.
K. deve orientarsi tra le strade da percorrere. Strade concrete: qual'è quella che porta al Castello, quali sono "i luoghi" del Castello? Quali sono le sue porte? Quali sono i suoi confini? Strade immateriali, perchè deve orientarsi tra le norme, le regole, i valori del sistema; tra le tante contraddizioni che si rilevano in ciò che viene fatto e viene detto, tra rappresentazioni simboliche che tenta di leggere con tortuose (ed esse stesse labirintiche) riflessioni e colloqui. Questo vale, in qualche modo, anche per il lettore: anche per noi il Castello, con la complicazione della sua pianta e la difficoltà dei suoi percorsi, è un vero e proprio labirinto: "geografico", "logico, organizzativo-istituzionale, simbolico. L'accesso al centro di un labirinto è vietato a coloro che non sono qualificati. Esso rappresenta una sorta di prova iniziatica, discriminatoria, preliminare al cammino verso un centro nascosto. Il labirinto come difesa di qualcosa di prezioso e di sacro: non permette l'accesso se non a coloro che ne conoscono la pianta, agli iniziati. E la difesa è anche contro il male rappresentato dall'intruso, colui che è pronto a violare i segreti, il sacro, l'intimità dei rapporti con il divino. Il rituale labirintico è un rituale di iniziazione, ed è anche l'archetipo della paura, un simbolo della discesa e spesso un tema da incubo, mentre la nozione di centro equivale all'ombelico, all' onphalos del mondo... Ad un altro livello, il labirinto conduce anche all'interno di sè stessi, verso una sorta di santuario interiore e nascosto, nel quale si trova la parte più misteriosa della persona umana. Nell'opera di Kafka, il labirinto ricorre spesso. Se "II Castello" ha dei parallelismi e delle specularità con "America", parallelismi e specularità emergono anche dall'accostamento con il racconto "La tana". Ne "II Castello" il protagonista è un uomo "senza nome" (è indicato soltanto con una iniziale non si sa , peraltro, se del nome o del cognome) e la sua storia è narrata in terza persona. Ne "La tana", il protagonista è un animale anch'esso senza nome e, sebbene possa essere identificato con una talpa, non è probabilmente casuale che non venga mai esplicitamente menzionato come tale. In entrambe le storie, abbiamo un labirinto: metaforico ma con effetti terribilmente reali ne "II Castello", concreto ne "La tana", perchè l'animale si è costruito un intrico di complicatissimi cunicoli sotterranei nel quale vive. In entrambi i testi è presente, con i temi del LUOGO CHIUSO e del VARCARE LA SOGLIA, la problematica del rapporto ESTERNO/INTERNO. Il Castello è infatti anch'esso un mondo chiuso, non solo perchè a K. ne viene esplicitamente vietato l'accesso, ma perchè, come dice Citati, "L'unico spazio è quello del Castello, il villaggio. Il resto del mondo sembra inghiottito" (1). Unico accenno al resto del mondo è costituito dallo sprazzo di luce mediterranea che compare nelle parole di Frieda quando parla del suo desiderio di andare con K. in Francia o in Spagna, solo uno sprazzo, perchè subito dopo lei stessa dice di sognare "una fossa stretta e profonda" dove lei e K. possano "stare avvinti come in una sorta di morsa... ". Chiuso nello spazio, quindi, ma anche nel tempo: la dimensione temporale è infatti, nel "Castello", congelata sul presente. Non esiste un passato individuale e gli unici accenni sono strettamente legati al Castello: la storia della famiglia di Barnabas che ha offeso un funzionario del Castello e il ricordo di Frieda dei suoi giochi infantili con Jeremias sulla collina del Castello. Gli accenni al passato collettivo, alla storia del villaggio, hanno i toni della mitologia e della leggenda. Il labirinto è quindi una barriera per impedire l'accesso dell'estraneo, del forestiero ad un luogo chiuso. Ma nel "Castello", K. si trova all'estemo, vorrebbe entrare e non gli è consentito; è nei suoi confronti che l'ostacolo è posto; ne "La tana" l'animale è, invece, dentro il labirinto; il "forestiero", l'estraneo", il NEMICO è fuori, ma contro il pericolo di un suo pur sempre possibile ingresso nella tana la difficoltà degli ostacoli da porgli di fronte non è considerata, dall'animale, mai sufficiente. K. "vuole entrare" nel Luogo chiuso del mondo del Castello: solo "entrandovi dentro" sarebbe sicuro, legittimato; l'animale "non vuole uscire", ma forse sarà" costretto a farlo. In entrambi i casi, però, luogo chiuso (castello o tana) sembra essere sostanzialmente uno SPAZIO MENTALE: il mondo-castello la rappresentazione di un immaginario riguardante il rapporto individuo/istituzione inteso, come abbiamo visto, in termini di desiderio del rapporto con l'Altro; nel racconto "La tana", abbiamo la rappresentazione di un immaginario che è quello della paura del rapporto con L'Altro/nemico ed in cui i cunicoli non sono che i tortuosi meandri di una mente pensante. ![]() (1) Pietro CITATI "Franz Kafka". Rizzoli,1992 |