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IL LABIRINTO DEL CASTELLO.
Simbolismo e istituzione ne "Il Castello" di Franz Kafka
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L'AGRIMENSORE K.


K. è un agrimensore, (in tedesco "Landvermessen"), colui cioè che per professione misura, divide e descrive su mappa i terreni, qualcuno la cui funzione è dunque di "dare ordine" e far funzionare entro confini ben definiti.

Ma una istituzione chiusa non può tollerare il "pensiero nuovo" e, attraverso il Sindaco, dice:
"Di agrimensori non abbiamo che farcene. Non abbiamo il minimo lavoro da affidarle. I confini dei nostri poderi sono tracciati, tutto è registrato regolarmente. Di rado avvengono trapassi di proprietà , e le pìccole controversie riguardo ai limiti le liquidiamo noi. A che servirebbe dunque un agrimensore?"

In un mondo in cui nessun confine appare chiaro, gli unici ad esserlo sembra siano quelli che potrebbero venir modificati da K.

Essere agrimensore vuoi dire vantare una specificità professionale consistente nel "fare chiarezza" in un mondo il cui funzionamento si basa sulla impossibilità del distinguere e sulla nebulosità.

K. è allora una di quelle figure marginali che sono tali in quanto si comportano in modo non congruente con il sistema sociale prendendosi cura di ciò che ad esso non solo importa poco ma, come nel caso dell' istituzione Castello, rischierebbe di mettere in discussione le basi stesse delle fondamenta dell'istituzione.

L'istituzione difende quindi il proprio principio costitutivo (la non possibilità o non volontà di "far chiarezza") dichiarando esattamente il contrario, cioè che "tutto è già in ordine", "tutto è chiaro".

A K. viene quindi concesso un lavoro di bidello tuttofare in cui, ancora una volta, i confini tra diritti e doveri sono incerti e l'"oggetto lavorativo" indeterminato.

I meccanismi dell'istituito hanno cosi controllato, padroneggiato, banalizzato e quindi neutralizzato il "pensiero nuovo" di cui l'istituente (l'agrimensore K.) potrebbe essere portatore.

K. non è più in grado di controllare nulla degli elementi quotidiani della propria vita di relazione, e gli viene negata anche la sua identità professionale di agrimensore; non gli è possibile fare previsioni, non può autodeterminare assolutamente nulla, le relazioni sono svuotate di contenuti affettivi, è impotente a prevedere le conseguenze di ogni suo più apparentemente insignificante atto.

Non solo egli è "fuori posto" ma, per giunta, non vuole comprenderlo, ed ha la spudoratezza di mettersi in mostra il più possibile, mentre

"Persino la tignola notturna, povero insetto, quando si leva il giorno non cerca forse un cantuccio nascosto, non si appiattisce, non vorrebbe scomparire e non è desolata di non poterlo fare?"

La sua scelta di rimanere al villaggio è assolutamente libera, nessuno lo costringe nè a rimanere nè ad andarsene ma è venuto per restare al villaggio e ci resterà, dice a Frieda, perchè "Che cosa avrebbe potuto attirarmi in un paese così tetro, se non il desiderio di rimanere?"

...Eppure

"nulla era così assurdo, così disperato, come quell'indipendenza, quell'attesa, quell'invulnerabilità... "

Come per il Franz Tunda di un altro celebre scrittore mitteleuropeo, Joseph Roth, di K. si potrebbe dire: "Superfluo come lui non c'era nessuno al mondo" (1)

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(1) Joseph ROTH "Fuga senza fine", Adelphi, 1976


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